SCIENZA & VITA DI PISA E LIVORNO: NO ALLA LEGGE SULLE D.A.T.

Un documento spiega perché la legge sul fine vita apre le porte all’eutanasia

Svolta epocale all’interno dell’Associazione Scienza & Vita: i membri che fanno capo alla sede di Pisa e Livorno hanno preso pubblicamente posizione contro la legge che vuole introdurre le Dichiarazioni Anticipate di Trattamento in Italia. In un documento che reca la data del 16 maggio – e che alleghiamo integralmente a questo comunicato stampa – l’Associazione Scienza & Vita di Pisa e Livorno esprime “netta contrarietà rispetto al ddl riguardante “DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ALLEANZA TERAPEUTICA, DI CONSENSO INFORMATO E DI DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO”, al vaglio della Camera, così come formulato”. Si tratta dunque di una dichiarazione molto esplicita, in palese disaccordo con la posizione espressa da Scienza & Vita a livello nazionale, che in questi mesi è stata tetragona sostenitrice della bontà della legge sulle Dat. Gli esponenti di Scienza & Vita di Pisa e Livorno – un pool di qualificati medici, bioeticisti e appassionati pro life – spiegano la loro posizione precisando che le disposizioni contenute nella proposta di legge riguardanti i trattamenti sanitari di fine-vita “nonostante il solenne preambolo all’art. 1, a nostro giudizio, non offrono, in realtà, alcuna garanzia di efficace contrasto nei confronti di condotte mediche di tipo eutanasico o di interpretazioni giudiziarie distorte e/o ingiuste.”.

In sostanza, secondo gli estensori del documento questa legge otterrebbe l’effetto opposto alle intenzioni dichiarate, e aprirebbe la strada all’eutanasia: tesi, questa, sostanzialmente identica a quella sostenuta ininterrottamente da Verità e Vita.

Il documento si fa apprezzare anche per la chiarezza con cui denuncia gli elementi negativi del disegno di legge. Secondo Scienza & Vita di Pisa e Livorno “le Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, pensate per difendere la dignità delle persone negli stadi terminali della loro vita o nelle condizioni di estrema fragilità perché incapaci di intendere e di volere, sono uno strumento intrinsecamente inadeguato a tale scopo, se non addirittura inutile e pericoloso, perché il consenso alle cure, con esse espresso, non può mai essere realmente “informato”, in quanto proviene da soggetto che non conosce la particolare condizione sanitaria in cui potrebbe trovarsi in futuro, né è in grado di comprendere e valutare con cognizione di causa le innumerevoli e imprevedibili situazioni in cui potrebbe versare e di fronte alle quali cambiare radicalmente il suo giudizio.” .

Il documento mette in rilievo uno dei punti più gravi della legge sul testamento biologico: “Il testo normativo è improntato alla regola generale secondo cui, salvo limitate e rigorose eccezioni, non sia possibile attivare nessun atto medico senza il previo esplicito consenso del paziente, ma (v. art. 2 c. 1; art. 2 c. 2) enfatizza oltre il dovuto un (astratto) principio di “autodeterminazione” del paziente, la cui incidenza, nella prassi, è molto marginale, affidandosi, piuttosto, il malato al buon consiglio dello specialista, e rischia di ledere l’autonomia professionale del medico il quale dovrebbe sentirsi sempre libero di seguire scelte coerenti con i valori della propria professione. Il ddl in esame, dunque, intacca l’ imprescindibile alleanza terapeutica, costitutiva della relazione medico-paziente, già ampiamente messa in crisi dalla giurisprudenza, aprendola prevedibilmente all’abbandono terapeutico nei confronti dei soggetti più fragili.”.

Critiche ulteriori e circostanziate riguarda il fatto che l’articolo 2 c. 5 del testo si colloca in contrasto con l’art. 579 del Codice Penale, che punisce l’uccisione della persona consenziente non sarebbe più punibile: “i futuri casi come quello di Welby, che richiese ai medici che gli fosse disattivato il respiratore, non porterebbero neppure all’apertura di un fascicolo da parte della Procura per il reato previsto e punito all’art. 579 c.p. Ciò equivarrebbe a legalizzare l’eutanasia – della quale, non a caso, non viene data alcuna definizione nel DDL – purchè praticata in ospedale. Ma è facile intravedere un ampliamento della platea di coloro che, obbedendo alla richiesta del malato, senza correre alcun rischio, lo “accontenteranno” ”.

Altri note critiche riguardano lo svilimento dell’arte medica e del ruolo del singolo medico e l’introduzione della figura ibrida del “fiduciario”.

Secondo Scienza & Vita di Pisa e Livorno, il disegno di legge sulle DAT contiene inquietanti analogie con la legge 194/1978, che legalizza ampiamente l’aborto muovendo dalla dichiarazione che “lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”. E altrettante analogie con la legge 40/2004, resa lettera morta dai numerosi interventi della magistratura creativa.

Scienza & Vita di Pisa e Livorno conclude auspicando “una profonda revisione del testo legislativo affinché sia efficacemente, e non solo come mero enunciato formale, protetto e rafforzato il principio – radicato nell’ordinamento ma indebolito da una parte della giurisprudenza – dell’ “indisponibilità della vita umana” e ritiene che debba essere comunque abbandonata la strada scivolosa del riconoscimento giuridico delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento”.

Comitato Verità e Vita

Info su Giorgio

Sono un Infermiere, scrivo libri e da molti anni sono attivo nel volontariato pro life per quanto riguarda la difesa della vita dal concepimento al termine naturale. Sono presidente dell'associazione "Ora et Labora in difesa della vita"
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