DICIAMO BASTA ALLA LEGGE CHE HA FATTO DELL’ABORTO UN DIRITTO INSINDACABILE UCCIDENDO NELL’INDIFFERENZA INTERE GENERAZIONI

DICIAMO BASTA ALLA LEGGE CHE HA FATTO DELL’ABORTO UN DIRITTO INSINDACABILE UCCIDENDO NELL’INDIFFERENZA INTERE GENERAZIONI
E basta anche ai silenzi educati, ai tatticismi, agli equilibrismi politici che in questi decenni hanno caratterizzato il modo di agire dei vertici del Movimento per la Vita
di Marisa Orecchia

C’era anche Federvita Piemonte a Roma, la mattina del 13 maggio a condividere con i quindicimila che hanno marciato per la vita, la partecipazione ad un evento che lascia ancora meravigliati e commossi per la ricchezza delle sigle, dei carismi, per la varietà dei gruppi, la loro provenienza, il loro manifestare nella gioia che la vita è un dono sempre.
Una marcia che ha mostrato l’esistenza di un popolo della vita che altro non aspetta che uscire alla luce per affermare con determinata consapevolezza che è ora di dire basta alla violenza che si attua nei nostri ospedali sotto l’ombrello di una legge assassina che dal giorno della sua vigenza ha ucciso cinque milioni e mezzo di bambini.
Un popolo della vita che può marciare assieme pregando, cantando, chiacchierando, nella varietà del suo modo di essere e di porsi, nella ricchezza delle varie sensibilità e delle strategie, nelle impostazioni e nei settori di impegno, nel mondo, nella famiglia, nella vita contemplativa o in quella della parrocchia. Un popolo della vita in cui c’è posto per tutti, in cui nessuno è detentore di rappresentanze o investiture. In cui fa da collante l’incrollabile certezza che la vita non si tocca e nessuna legge può disporne senza degradare lo Stato che l’abbia emanata ai “magna latrocinia” di Agostiniana memoria.
Una svolta epocale, quella di domenica 13 maggio – data che ha richiamato alla memoria di tutti la prima apparizione di Maria Santissima a Fatima e la protezione da Lei accordata, un altro 13 maggio, a Giovanni Paolo II, l’apostolo della vita – in cui il popolo della vita ha voluto dire basta a una legge iniqua e all’arrendevole acquiescenza, all’obnubilamento di tante coscienze in tema di aborto volontario.
Non credo di esagerare dicendo che a Roma il 13 maggio abbiamo assistito alla nascita di un nuovo corso nella storia dei pro life nel nostro Paese. Quello in cui si dice basta ad una legge che ha fatto dell’aborto un diritto insindacabile, lanciando un segnale forte alle istituzioni, alla politica, alla società.
Basta ad una legge che ha falcidiato le generazioni uccidendo nell’indifferenza e nel silenzio, e basta anche ai silenzi educati , ai tatticismi, agli equilibrismi politici che in questi decenni hanno caratterizzato il modus operandi di tanto mondo pro life.
Se da tanti anni il femminismo grida scompostamente che “la 194 non si tocca”, di rimando in tutti questi anni i pro life hanno educatamente convenuto “che non ci sono le condizioni politiche per cambiare la 194”, senza accorgersi che proprio questa affermazione, reiterata all’infinito, ha contribuito a rafforzare tutti nell’opinione che sia proprio vero, che la 194 sia intoccabile, perché non ci sono le condizioni politiche. La legge 194 è diventata un tabù. Accontentiamoci di chiederne l’applicazione delle parti buone.
Ripercorrendo la storia di questi anni, vediamo l’esperienza fulgida dei Centri di Aiuto alla Vita (CAV), fondamentale per sostenere la maternità problematica, necessaria per mostrare che l’impegno dei pro life non è solo proclamazione di principi.
In poco più di trent’anni , con perseveranza, con abnegazione, con una vera passione per la vita, sono stati salvati 130.000 bambini. 130.000 vite, una sola delle quali avrebbe giustificato tutto il lavoro e la stessa esistenza dei CAV, “Chi salva una vita salva il mondo intero”. Ma per quanto indispensabile, il sostegno alla maternità problematica profuso dal CAV non basta.
L’aborto infatti non è solo una questione di mancati aiuti alla madre. Certamente, spesso i condizionamenti che premono per l’aborto sono molti e pesanti, ma è altrettanto vero purtroppo che la maggior parte degli aborti non sono frutto di aiuti mancati, ma frutto di libera scelta, di libera decisione. Aborti per i quali gli aiuti non contano, neanche si cercano, frutto di una mentalità, di una scelta di vivere in un certo modo la propria sessualità, il proprio progetto di vita, nel quale in quel momento, in quella circostanza non è prevista la nascita, la cura di un figlio. Aborti di chi si dice, magari con convinzione “adesso non posso permettermi un figlio, lo farò in un altro momento”
Non cadiamo nell’illusione di affermare che se tutte le donne potessero essere raggiunta da aiuti e da sostegno, l’aborto sarebbe debellato.
Significherebbe voler ignorare la verità profonda dell’uomo che è stato creato libero, libero di scegliere il bene o il male, e che più spesso sceglie il male, a causa di quella ferita che tutto lo attraversa e che altro non è che la conseguenza dell’antico peccato dei progenitori. Una verità che la cultura di oggi , credenti compresi, censura, illuministicamente convinta che ogni trasgressione (ma esiste ancora la trasgressione?) sia da ascrivere ai condizionamenti della società. I volontari dei CAV sanno bene che se una donna è tentata di abortire a causa di una pesante situazione economica, lavorativa, sociale, o altro, c’è speranza di salvare il suo bambino, con l’aiuto e la condivisione. Quando invece la spinta all’aborto è “culturale” il bambino è perduto.
In questi anni in Italia i pro life si sono generosamente spesi nei CAV, hanno profuso energie, lavoro, intelligenza a livello locale, sono diventati nelle realtà territoriali interlocutori stimati delle istituzioni, portando a casa anche importanti risultati. Pensiamo alle numerose convenzioni con gli enti territoriali, al Nasko della Lombardia che sostiene economicamente le madri, al patto per la Vita di Federvita Piemonte che consente l’ingresso dei volontari pro life nei consultori familiari. Lavoro ed energie profuse a livello locale. Non è poco. Tanto lavoro si è fatto a livello locale, ma è venuto oggi il tempo di dire che questo non basta. Abbiamo salvato 130.000 bambini, ma ne abbiamo abbandonato più di 5 milioni all’ingranaggio della 194. Non abbiamo tentato neppure di scalfire la legge né siamo riusciti purtroppo ad arginare la banalizzazione dell’aborto che da essa è inevitabilmente derivata.
Il 13 maggio a Roma un popolo della vita, festante ma consapevole si è mobilitato per esprimere la voglia di cambiamento.

Nota di BastaBugie: per leggere tutti gli articoli che abbiamo pubblicato riguardo alla dirigenza del Movimento per la Vita, vai al link sottostante
http://www.bastabugie.it/it/ricerca.php?testo_ricerca=movimento_per_la_vita

Fonte: Corrispondenza Romana, 17/05/2012

Info su Giorgio

Sono un Infermiere, scrivo libri e da molti anni sono attivo nel volontariato pro life per quanto riguarda la difesa della vita dal concepimento al termine naturale. Sono presidente dell'associazione "Ora et Labora in difesa della vita"
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