Buone e cattive prassi

COMUNICATO

Venerdì 26 aprile alle 20:46 il Centro Donne contro la violenza di Aosta ha pubblicato sulla propria pagina Facebook un comunicato dove dichiara di avere ricevuto segnalazioni da parte di donne “che, giunte in presidi sanitari pubblici del territorio regionale per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, sono state negli stessi luoghi sottoposte a indebite interferenze e pressioni da parte di volontari, consistenti nell’imporre l’ascolto del battito fetale o nella promessa di sostegni economici o beni di consumo, con il preciso intento di dissuaderle dalla scelta di abortire, personalissima e spesso sofferta”.
La terribile, presunta violenza consisterebbe quindi nell’offerta di aiuti economici o nell’intento di rendere più consapevole la donna, prima di prendere la decisione tragica e irrevocabile di sopprimere la vita del figlio che porta in grembo.
Il comunicato è stato subito ampiamente diffuso sui media mainstream, nonostante la sua genericità e le inesattezze contenute, come ha rilevato la stessa USL della Val d’Aosta.
Evidentemente si trattava di difetti trascurabili di fronte all’opportunità di utilizzarlo come arma contro il decreto PNRR approvato dal governo il 23 aprile, che prevedendo l’accesso ai consultori anche alle associazioni Pro vita, ha scatenato le ire degli abortisti.
Fin qui non ci sarebbe molto da stupirsi.
Quello che invece davvero addolora e sconcerta è la dichiarazione del ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Maria Roccella, che, interpellata sulla questione, ha affermato che far ascoltare il battito cardiaco alle madri intenzionate ad abortire è una “cattiva prassi medica”.
La dichiarazione dell’onorevole Roccella, tanto più grave in ragione del proprio ruolo istituzionale, è rimbalzata su tutti i media, offrendo un incredibile sostegno alla cultura della morte.
Dato che la bontà dell’albero si riconosce dai frutti, possiamo solo limitarci a constatare che laddove venga mostrata alle madri in tentazione di aborto la realtà del figlio che portano in grembo, quattro su cinque decidono di portare a termine la gravidanza, a prescindere dalle circostanze, come ha osservato Patrick Mc Crystal, direttore dell’associazione Human Life International dell’Irlanda.
Una prassi che salva vite innocenti non può che essere buona.
Sulla base di simili considerazioni, pochi mesi fa sono state raccolte più di 106mila firme in tutta Italia per la proposta di legge “Un cuore che batte”, che ha proprio lo scopo di mostrare alla madre intenzionata ad abortire la realtà della vita che porta in grembo, mediante una semplice ecografia e l’ascolto del battito cardiaco del figlio.
Questo perché la decisione se abortire o no, possa essere realmente consapevole e quindi autenticamente informata.
Si tratta quindi di un provvedimento che dovrebbe trovare il favore di chiunque sostenga di aver a cuore le donne, i bambini, la natalità, la vita, tanto più da parte di chi presiede il Ministero della Famiglia e della Natalità.
È purtroppo evidente che il Ministro Eugenia Roccella non può rappresentare il mondo pro-life. Un Ministero tanto importante nel tutelare i principi non negoziabili meriterebbe ben altro presidente.

29 aprile 2024, Santa Caterina da Siena