Non e’ brevettabile un procedimento che, ricorrendo al prelievo di cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti, comporta la distruzione dell’embrione.

(ASCA) – Roma, 18 ott – Non e’ brevettabile un procedimento che, ricorrendo al prelievo di cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti, comporta la distruzione dell’embrione. L’uso per finalita’ terapeutiche o diagnostiche che si applichi all’embrione umano e sia utile a quest’ultimo puo’ essere oggetto di brevetto ma la sua utilizzazione a fini di ricerca scientifica non e’ brevettabile. Lo stabilisce una sentenza della Corte di giustizia della Ue che si e’ espressa sul caso di un trattamento che combatte il morbo di Parkinson brevettato dal ricercatore tedesco Oliver Brustle.

Brustle, si legge in una nota della Corte Ue, e’ titolare di un brevetto, depositato il 19 dicembre 1997, relativo a cellule progenitrici neurali isolate e depurate, ricavate da cellule staminali embrionali umane utilizzate per curare le malattie neurologiche. Secondo le indicazioni fornite dal ricercatore esistono gia’ applicazioni cliniche su pazienti affetti da morbo di Parkinson. Su domanda presentata da Greenpeace, il Bundespatentgericht (il tribunale federale in materia di brevetti tedesco) ha dichiarato la nullita’ del brevetto di Brustle, in quanto ha ad oggetto procedimenti che consentono di ottenere cellule progenitrici a partire da cellule staminali di embrioni umani.

Il Bundesgerichtshof (Corte federale di Cassazione tedesca) ha deciso di interpellare la Corte di giustizia in merito all’interpretazione della nozione di ”embrione umano”, non definita dalla direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Si tratta dunque di sapere se l’esclusione della brevettabilita’ dell’embrione umano riguardi tutti gli stadi della vita a partire dalla fecondazione dell’ovulo o se debbano essere soddisfatte altre condizioni, ad esempio che sia raggiunto un determinato stadio di sviluppo.

Secondo la Corte, la nozione di ”embrione umano” deve essere intesa in senso ampio: sin dalla fase della sua fecondazione qualsiasi ovulo umano deve essere considerato come un ”embrione umano”, dal momento che la fecondazione e’ tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano. Deve essere riconosciuta questa qualificazione di ”embrione umano” anche all’ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e all’ovulo umano non fecondato indotto a dividersi e a svilupparsi attraverso partenogenesi. Anche se tali organismi non sono stati oggetto, in senso proprio, di una fecondazione, essi, per effetto della tecnica utilizzata per ottenerli, sono tali da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano come l’embrione creato mediante fecondazione di un ovulo.

Per quanto riguarda le cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti – alle quali si riferisce l’invenzione oggetto del brevetto di Brustle – la Corte constata che spetta al giudice nazionale stabilire, in considerazione degli sviluppi della scienza, se esse siano tali da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano e, di conseguenza, rientrino nella nozione di ”embrione umano”.

Infine, la Corte, esaminando se la nozione di ”utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali”, non brevettabili, includa anche l’utilizzazione a fini di ricerca scientifica”, osserva che il fatto di accordare a un’invenzione un brevetto implica, in linea di principio, lo sfruttamento industriale e commerciale della stessa. Ma, anche se lo scopo di ricerca scientifica deve essere distinto dai fini industriali e commerciali, l’uso di embrioni umani a fini di ricerca che sia oggetto della domanda di brevetto non puo’ essere scorporata dal brevetto medesimo e dai diritti da esso derivanti. In questo senso, l’uso, oggetto di una domanda di brevetto, di embrioni umani a fini di ricerca scientifica non puo’ essere distinta da uno sfruttamento industriale e commerciale e, pertanto, sottrarsi all’esclusione dalla brevettabilita’.

Di conseguenza, la Corte di giustizia dell’Unione europea conclude che la ricerca scientifica che implichi l’utilizzazione di embrioni umani non puo’ ottenere la protezione del diritto dei brevetti.

Info su Giorgio

Sono un Infermiere, scrivo libri e da molti anni sono attivo nel volontariato pro life per quanto riguarda la difesa della vita dal concepimento al termine naturale. Sono presidente dell'associazione "Ora et Labora in difesa della vita"
Questa voce è stata pubblicata in Bioetica. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento